Sabato c'è stato questo convegno nel corso della fiera della piccola editoria Piùlibri, all'Eur.
Presenti sul palco, Andrea Cortellessa, Fabrizio Venerandi, Fabio Masi (titolare dell'unica libreria sull'isola di Ventotene), il responsabile di :due punti edizioni (casa editrice palermitana con ottimo catalogo) e il giovane responsabile di Oilproject un sito di contenuti per l'apprendimento gratuito.
Come si vede, un variegato panorama di protagonisti del mercato editoriale. I temi trattati sono stati pertanto di strettissima attualità.
Ha esordito Fabio Masi, il libraio di Ventotene (carino il nome: Ultima spiaggia). Ha prefigurato la nascita da noi, sulla scia di quanto già avviene in Europa (se non ho capito male, Francia in particolare) di un accordo con le major (case editrice più grandi) che destinano l'uno per mille a favore delle librerie cosiddette indipendenti, cioè coraggiosamente al di fuori dei circuiti istituzionalizzati delle mega librerie in mano ai brand più famosi.
L'idea è condivisibile, e in un paese che avesse a cuore la pluralità come valore, potrebbe senz'altro vedere la luce. Sulla funzione e l'importanza di continuare ad esistere delle piccole librerie si potrebbero stendere tomi. Spesso sono l'unico avamposto (immaginate su un Isola di appena 800 persone, dati ISTAT 2010) per portare una scintilla in una prateria.
Ha preso poi la parola Fabrizio Venerandi (di Quintadicopertina). Il suo, per evidenti motivi(1), era l'intervento che più mi interessava e infatti non ha mancato di sollevare una serie di spunti interessanti.
Intanto ha sgombrato il campo dall'illusione che la pratica di editare un ebook, sia di per sé sinonimo di indipendenza. Ha giustamente fatto presente come, il paradosso attuale, vede riproporsi nel digitale le stesse dinamiche del cartaceo. Ovvero, non esiste qui una “distribuzione” intesa come catena (costo) a sé stante, ma il suo posto vedi bene è stato preso proprio da coloro che hanno prima creato la tecnologia (hardware) e poi gelosamente custodita. Atterrisce quanto da lui affermato, circa la totale libertà che l'autore deve essere costretto a controfirmare all'editore-sito vetrina, pena vedersi escluso dallo scaffale digitale.
E poi ancora la guerra dei formati (che ricorda un po', per chi ha una certa età, l'antagonismo fra il sistema VHS e BETAMAX all'avvento di quegli ordigni chiamati videocassette). Ovvero, una casa (la Apple sul suo Applestore) ma anche altre, possono sbarrare l'accesso (leggi: rifiutare un ebook) adottando un formato che sia leggibile su un device invece di un altro, arrivando addirittura al rifiuto qualora questo addirittura non soddisfi i requisiti di formattazione (rientri fatti in un certo modo...etc.).
Ora, a me sembra (e se ci fosse stato tempo mi sarebbe piaciuto porre ai presenti questa domanda) che stiamo vivendo nel paradosso. Ossia, la tecnologia ha messo il turbo. La diffusione di “device” come i tablet cresce in maniera esponenziale (alla faccia della crisi) mentre langue l'offerta di contenuti. In questo risiede la limitatezza della considerazione degli ebook. Dati AIE dell'anno scorso stimavano a percentuali bassissime il numero di fruitori di questi ordigni In altre parole, dicevano, la lettura di un testo su un ebook (o tablet che sia) è prerogativa esclusiva di un cosiddetto zoccolo duro costituito dai lettori forti. Nel frattempo sono cresciuti anche da noi subito le piattaforme come Bookrepublic e altre, che vendono ebook a prezzo psicologico ovvero 3,99, 1,99 perché qualche stratega del marketing ha deciso che cosi devono costare, mutuando logiche più propriamente da supermarket o da pompe di benzina. La cosiddetta indipendenza, di cui profuma l'editoria digitale si scontra quindi dal lato vendite con queste muraglie. La visibilità sul web è condizionata dal passaggio e dalla cessione di autonomia (in alcuni contratti si dà addirittura allo store online la facoltà di modificare il testo). E in questo, a mio avviso, c'è già il de profundis dell'italian way all'editoria digitale. Per brevità di tempo nessuno ha segnalato l'altra grave incongruenza che vede gli ebook penalizzati anche dall'IVA. Mentre nel resto d'Europa viaggi a percentuali al di sotto del 10% qui da noi, mi pare bene, è il 21% venendo equiparato l'ebook ad una sorta di videogioco.
La cosiddetta autonomia dell'autore digitale (o del suo editore) si scontra contro questa regola. E se sopravvive lo fa grazie all'amore per l'avventura dei pochi che hanno intravisto in questo strumento una possibile opzione, e non una semplice alternativa alla carta. Non è una sfida, a mio avviso. Sono semplicemente due esperienze di lettura differenti. Quello che trovo strano è che nessuno si sia accorto che dalla coesistenza delle due opzioni possono nascere stimoli interessanti al mercato editoriale in toto.
Immaginate la possibilità, per me che compro un volume cartaceo importante (non importa qui dove...se in negozio o in un sito online) e contemporaneamente acquisto il diritto (tramite un codice stampato sullo scontrino) ad eseguire il download dello stesso testo in formato elettronico. O ancora, e qui siamo veramente nell'iperuranio della degenerazione da supermarket, ma tant'è la testa degli strateghi di marketing delle maggiori case editrici non è cosi diversa, se acquisto un tot di libri (di carta) accumulo un certo bonus che mi consente di scaricare dal loro sito gli ebook scelti da un catalogo.
Insomma, è sconsolante riguardare ad un anno di distanza (simili dibattiti si sono tenuto anche nell'edizione dell'anno scorso e non erano rose e fiori nemmeno allora) al panorama italiano. Siamo ancora nel mare magnum....la confusione regna sotto il cielo, è vero, ma la situazione non sembra per nulla eccellente. C'e' da lavorare e tanto. C'e' da sconfiggere quest'idea tutta “efficentista” che vede già sbarrato il mercato ebook se non si è “ostaggi” in qualche modo di questa o quella piattaforma di distribuzione online. Difficile immaginare da noi, fenomeni come quelli della absolute beginner americana che, inserendo timidamente il suo ebook sugli scaffali elettronici di Amazon si è vista premiata, prima dal passaparola, e quindi successivamente da un editore cartaceo, diventando l'ennesimo “caso letterario dell'anno”.(2)
Infine, gli interventi di Oilproject e di :duepunti edizioni. Il primo, di cui non sapevo nulla, mi è sembrato un valido modo di interpretare le potenzialità del web. Inteso qui come condivisione gratuita di saperi. Certo forte dev'essere la funzione di vigile del sito. Ma chiunque, ritenendosi sufficientemente edotto intorno ad un argomento, ha liceità di “postare” i propri contributi (vere e proprie lezioni) a beneficio di chi intenda approfondire e sopratutto a costo zero. Il sito ha vantato nel 2011 ben 250000 click. E continua a crescere. Ma voi lo sapevate che esisteva ? Io no. E ne sono felice, di aver appreso che esista una cosa cosi, che pare al solito all'estero vada già alla grande da qualche tempo.
:due punti edizioni ha invece portato l'attenzione intorno al proprio Manifesto (che ogni visitatore ha ricevuto in copia, all'ingresso). E' il grido accorato di chi, operando nel mercato in veste di editore, sopratutto medio-piccolo, tenta di sopravvivere per non restare schiacciato sotto il peso dei grandi attori (le grandi case editrici). Chiunque abbia a cuore la pluralità come valore dovrebbe leggerlo. E in un gioco economico che sembra ispirato più a logiche di un war-game, che non a quelle di un sano coesistere di istanze diverse (e da qui attingerne già solo per questo, in ricchezza di scelte) assume, il loro sforzo, il sapore di una scommessa.
(1) Evidenti perché Cletusproduction ha una sua ragione sociale. qui
(2) Amanda Hocking, esordiente americana che ha venduto su Amazon un milione e mezzo di copie del suo “Switched” (in Italia lo pubblica Fazi), qui
Risorse:
il sito di quintadicopertina: qui
il sito di Oilproject: qui
il sito di :duepunti edizioni: qui
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